La Geisha: tra passato e presente
|La parola “Geisha” evoca nella nostra mente una serie di immagini. Queste esili donne, avvolte in eleganti kimono, che camminano con piccoli e rapidi passi, con la faccia dipinta di bianco come un mimo, restano l’ultima testimonianza, assieme ai lottatori di sumo, del passato giapponese.
Dopo la scomparsa dei samurai, la geisha continua a sopravvivere nel presente, da 400 anni, avendo tuttora notevole fascino.
La parola “Geisha” deriva da “Gei”, che vuol dire arte, e da “Sha”, ovvero persona. Ciò che una Geisha rappresenta è una persone abile in diverse arti.
Durante il periodo “Edo” (1603-1868), la parola Geisha si riferiva ad artisti di ogni genere (teatro, poesia, disegno) ma si estendeva anche a persone che lavoravano nei locali privati, nei luoghi di piacere.
Le precorritrici delle Geishe erano le Odoriko, delle ballerine. Andando ancora più indietro, potremmo ritrovarne le radici nel “Kabuki odori”, ballerine di teatro ambulante. Queste ballerine, avvolte in kimono di seta, erano il più delle volte uomini che danzavano un ballo conosciuto come Okuni, davanti ai samurai, servivano sake e suonavano lo shamisen (uno strumento a corda simile a una chitarra ma con sole tre corde).
Dal teatro Kabuki deriva l’usanza di dipingersi la faccia di bianco.
Questo genere di teatro era molto apprezzato dalla classe dei commercianti, molto potenti durante l’epoca Edo, per cui il Kabuki ebbe larga diffusione in quel periodo. Ma con esso ebbe larga diffusione anche la prostituzione e molti luoghi che dovevano essere dedicati alle arti si trasformarono il luoghi del piacere. Lo shogunato Tokugawa, che governava all’epoca, non gradì tali evoluzioni. Vennero così proibiti gli spettacoli Kabuki in molte zone della città, confinando certe rappresentazioni in luoghi prestabiliti sotto il controllo del governo.
Nel 1779 le Geishe furono riconosciute come artiste e venne adottato il sistema “kenban”, per salvaguardare le Geishe, restringendo il loro numero a meno di 100 in modo da evitare che le Geishe cadessero nella prostituzione. Il Kenban esiste tutt’oggi, essendo per le Geishe come una specie di sindacato.
Molte prostitute cercarono tuttavia di imitare lo stile delle geishe pur non avendo la formazione artistica adeguata. Si vestivano con kimono usando trucco in eccesso per cui, un nuovo editto dello shogun Tokugawa, atto a proteggere l’immagine delle geishe, obbligava quest’ultime a moderare trucco e vestiario proprio per non somigliare alle prostitute.
Infine, non possiamo dire che le geishe furono prostitute. Il loro ruolo era ed è solo quello di distrarre gli uomini con amene conversazioni, danzando o suonando lo shamisen, con tutta la poesia con cui da secoli sono solite ammaliare.