L’arte dell’Ikebana


Ikebana viene da “IKE” che significa ”comporre” e ”fare vivere” e “BANA” che significa ” i fiori”. Pertanto letteralmente IKEBANA significa ” comporre i fiori e farli vivere” cioé ” far vivere i fiori” e rappresenta la bellezza percepita dai legami uomo e natura. L’origine dell’IKEBANA é da ricercarsi nella tradizione shintoista, votata ai sempreverde. Si credeva che Dio scendesse sui rami di sempreverde sottoforma di camelia. A seguito dell’arrivo della corrente Buddista in Giappone, che dedicava i loti ed i crisantemi a Budda ed ai defunti, queste due tradizioni si sono unite. Così é nato l’IKEBANA, ma c’é chi dice che la storia non può essere vera. In seguito, nel corso dell’11°secolo, i nobili imitarono quella che sino ad allora era stata una pratica dei monaci, svincolando la tradizione dalla religione e così l’Ikebana é divenuta l’arte destinata agli interni delle abitazioni dei cittadini. Divenne sempre più popolare soprattutto negli ambienti della classe aristocratica e dei samurai. Per raggiungere uno stato di pace dei sensi e di concentrazione prima di iniziare una battaglia, il samurai eseguiva sia l’ikebana che la cerimonia del te, per purificare cuore e mente. Prima del XVI° secolo l’ikebana era già considerato una pratica Zen, e molti specialisti di ikebana sentivano l’aspetto spirituale e zen come preponderante. Nell’ikebana si trovava tranquillià, e le composizioni aiutavano a “cogliere l’attimo” ed apprezzare cose della natura che venivano in precedenza considerate insignificanti. Non solo si diventa più pazienti e si tollerano le differenze nella natura, ma si porta questa attitudine più in generale anche con le altre persone.

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L’aspetto effimero dell’ikebana ci aiuta a non attaccarci alle creazioni materiali, ma ad amarle e rispettarle nel vero momento in cui esistono. Nata per  far sentire il cambiamento delle stagioni dalle stanze delle case (essendo un’arte da interni), che dava il “tono” alla stanza, adesso vi sono due ruoli preponderanti: il primo riguarda l’insegnamento delle buone maniere alle donne (tendenza iniziata circa 200 anni fa, prima gli artefici erano tutti uomini), l’altro ruolo é dato dall’essere un’arte che coinvolge la dimensione tridimensionale. Se in occidente si tende a enfatizzare la quantità dei fiori usati e il colore, spostando l’attenzione soprattutto sulla bellezza dei boccioli, in Giappone invece si enfatizzano gli aspetti lineari della composizione. Qui si è sviluppato l’uso di includere vasi, foglie, steli e rami nella composizione insieme ai fiori. L’intera struttura si basa su tre punti principali che simbolizzano il cielo, la terra e uomo. In questo simbolismo l’essere umano è concepito come l’essere in una posizione intermedia tra cielo e terra. L’elemento più importante è lo stelo che rappresenta il cielo, spesso viene chiamato “primario” o Shin, rappresenta l’asse di tutta la composizione e per questo motivo deve essere molto forte. Accanto al primario vi è il “secondario” o Soe simbolo dell’uomo, è sistemato in modo da dare l’impressione di spingere lateralmente e in avanti rispetto allo stelo principale, deve essere lungo circa 2/3 rispetto al ramo principale e inclinarsi verso di esso. Lo stelo “terziario” o Hikae rappresenta la terra, è il più corto ed è posto davanti alla base degli altri due o leggermente dal lato opposto. A differenza del mondo occidentale, in Giappone con l’ikebana si compongono i fiori creando spazi bianchi cioè l’ikebana forma volutamente lo spazio usando i fiori. Lo spazio bianco significa il vuoto che per i giapponesi vuol dire l’aria. La simmetria, che è tipica dei giardini occidentali, agli occhi della cultura giapponese dona  armonia ma  l’impressione della dinamicità. L’asimmetria equilibrata che viene espressa dal giardino giapponese e dall’Ikebana  rende viva la natura nella quiete. Se si crea asimmetricamente la vivacità si espande all’esterno, come se crescesse e si muovesse da sola. Vi sono vari stili di Ikebana: Rikka (lett. Fiori eretti),è lo stile più antico. Le composizioni sono  di grandi dimensioni.

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Fin dal periodo Heian (794-1185 d.C.) fu ampliamente praticato dai monaci Buddisti nei loro templi e poi dai nobili che desideravano abbellire le loro dimore. Il Rikka non entrò nelle comuni case giapponesi sia per le dimensioni che per la complessa realizzazione. Oggi è poco praticato ma alcuni grandi Maestri ne presentano qualche esemplare in occasione di importanti mostre artistiche. Chabana (lett. Fiori per il Tè), è molto semplice, è la composizione classica adatta per la cerimonia del Tè considerata in Giappone un vero e proprio rito. Influenzato dai concetti della Filosofia Zen, rifugge da qualsiasi struttura complessa e artificiosa ed è normalmente realizzato con un solo fiore (spesso un bocciolo) e alcune foglie verdi. Nageire (o Heika lett. Gettar dentro), nel quale si usano vasi alti ed è caratterizzato da un apparente spontaneità, frutto in effetti di esperienza e studio. Il Nageire nacque nella seconda metà del XVI° sec. ad opera di Sen-no-rikyu noto Maestro della cerimonia del tè. Shoka (o seika) scritto con lo stesso ideogramma di Ikebana, ma letto in cinese. Significa dunque “fiori viventi”. E’ una semplificazione del Rikka  e si compone di tre elementi  principali disposti a triangolo scaleno e di pochi altri elementi ausiliari.  Tre elementi principali rappresentano il cielo, l’uomo e la terra. Moribana (lett. Fiori ammassati), che sorse alla fine del XIX sec. nel periodo di crisi creatasi in Giappone sotto l’influsso innovatore proveniente dall’occidente, il Maestro Unshin Ohara,  per valorizzare i nuovi fiori, molto vistosi e dalle pesanti corolle d‘importanza occidentale pensò di disporli nelle caratteristiche ciotole basse e poco profonde. Jiyubana (lett. stile libero) nato dopo la fine della Prima Guerra Mondiale che vide nascere in Giappone una rivoluzione in tutte le arti. Anche l’Ikebana risente di questa rapida evoluzione e sorge così lo stile libero, che permette la creazione di composizioni floreali originali e personali disposte in vasi più moderni. La realizzazione di questo stile richiede però una vera maturità artistica, che si può acquisire solo dopo aver praticato per lungo tempo gli stili tradizionale ed aver appreso le tecniche ad essi inerenti. lo stile d’avanguardia, sorto in Giappone dopo la Seconda Guerra Mondiale può essere collegato ai movimenti occidentali di rottura quali, l’astrattismo e il surrealismo. E’ uno stile anti-tradizionale in cui le composizioni sono simili, a volte, a vere proprie sculture. Utilizzano il materiale più svariato, come grossi sassi, tronchi, lamiere, cartoni, catene, corde e fili metallici. Al giorno d’oggi in Giappone ci sono molte scuole, ognuna con i suoi stili e diverse regole per la composizione. Le più grandi opere nel campo hanno la tendenza ad essere create dai più abili esperti ma, come per la pittura e la scultura, c’è spazio per i dilettanti: chiunque abbia tempo e propensione può acquisire tecnica sufficiente a creare delle belle composizioni. Tuttavia, come nelle altre forme artistiche, e’ necessario avere la padronanza di certe tecniche fondamentali prima di potersi cimentare nella creazione libera. Un famoso Maestro Zen ha detto: “Gli uomini si comportano come dei fari: illuminano lontano ma rimangono bui proprio ai loro piedi. Cercate, innanzitutto, di illuminare voi stessi”. Per questo motivo è nata la pratica dell’ Ikebana Therapy, che e’ un metodo efficace, che può consentire a ciascuno di ritrovare un equilibrio interiore, per avanzare più consapevolmente nel proprio originalissimo processo di sviluppo umano, una “pausa di riflessione”, una coltivazione interiore.

Tratto da www.japancoolture.com

"L’arte dell’Ikebana" ultima modifica: 18 Agosto, 2015 da Redazione VivereZen